Il momento favorevole del mercato immobiliare ha spinto gli acquirenti all’acquisto di immobili nuovi. Proprio come previsto, il post pandemia è stato un periodo di cambiamento importante che ha visto le case di nuova generazione rappresentare la prima scelta delle
famiglie, grazie alla qualità dei servizi, agli spazi di vivibilità e al risparmio energetico promessi. L’impatto è stato talmente rapido da esaurire quasi totalmente lo stock di abitazioni disponibili sul mercato immobiliare che anche analizzato tecnicamente dagli operatori di settore non sono riusciti a soddisfare integralmente la richiesta. Principalmente
sono due le cause; in primis è la volontà delle imprese di costruzioni ad effettuare operazioni strettamente legate ai bonus energetici per la riqualificazione di edifici esistenti (condomini, pubblica amministrazione, ecc) distogliendo l’attenzione dalle nuove costruzioni. La seconda causa e ben più importante è legata all’aumento dei prezzi delle materie prime. Quello che si è riscontrato negli ultimi tempi è un aumento esponenziale
di ogni tipo di prodotto sul mercato nonché le disponibilità, impattando in maniera negativa sui costi e sui tempi di costruzione. Infatti se fino all’anno scorso si poteva programmare un listino prezzi per la vendita di immobili magari pronti dopo 18/24 mesi, oggi nessun imprenditore rischierebbe di sottoscrivere un contratto con un cliente per un’immobile da costruire che potrebbe subire ulteriori rincari che eroderebbero i margini se non portare addirittura in perdita l’operazione.
Tutto questo ha bloccato le nuove realizzazioni, lasciando una fetta di mercato totalmente scoperta. Si prevede che questa lacuna creerà una voragine di almeno 24 mesi di scarsità nel mercato degli immobili di nuova generazione, ma tutto ciò ha un risvolto positivo.
Il mercato dell’usato che dopo oltre un decennio di decrescita e di stallo potrebbe approfittare di questo momento per rialzare la testa fino al punto che si potrebbe addirittura già prevedere entro fine anno un aumento del 5% mentre nelle grandi città l’aumento potrebbe arrivare fino ad arrivare la doppia cifra. Il fattore che determinerà se questo processo potrà prendere forma è il tema finanziario, strettamente legato alle scelte
che effettuerà la BCE e da tutto il sistema bancario. Se la scelta sarà di aumentare senza freni i tassi d’interesse, inevitabilmente questo bloccherà tutto il comparto immobiliare, spostando le scelte delle persone verso l’affitto. Se invece, come ci si augura, si stabilizzeranno gli attuali tassi di interesse, certamente più alti rispetto al passato ma comunque abbordabili anche dalle categorie dei giovani e delle famiglie con redditi più bassi, questo comporterà un impatto meno duro sul comparto immobiliare.
Se guardiamo fuori dal nostro paese vediamo che negli Stati Uniti i tassi sono al 6%, nella vicina Svizzera hanno superato il 4% anche Germania e In UK non sono da meno. Il mercato delle abitazioni del nuovo negli ultimi anni ha fatto una sorta di mercato “a se” in quanto è stato un segmento sempre più apprezzato all’indomani dell’esperienza che il Paese ha fatto nei lunghi lockdown. Non solo, la possibilità di risparmiare sotto il profilo energetico, assicurata dalle nuove abitazioni, sta portando a un rinnovato interesse verso
tutti quegli immobili costruiti con criteri tecnologici avanzati. A questo aspetto si aggiunge il desiderio delle famiglie di avere spazi esterni, che sono più facilmente reperibili nelle nuove
costruzioni, ancora di più nell’hinterland che però oggi si scontra con una inflazione galoppante che ha inchiodato l’offerta. La necessità di riqualificazione abbassa il prezzo dell’offerta Chiaramente, un aumento dei valori degli immobili di non nuova generazione
comunque nasconde una grossa differenziazione infatti come si può notare sullo spaccato delle compravendite censite da uno studio rivela che il 75,7% delle soluzioni usate siano acquistate come abitazione principale e la restante parte come forma di investimento, inclusa la casa vacanza, grazie naturalmente a un prezzo più contenuto.
Al riguardo gli esperti fanno notare che la necessità, quasi sempre, di realizzare investimenti di riqualificazione determina un ribasso maggiore delle quotazioni in fase di trattativa (pari all’8,4%) grazie ad una minore disponibilità economica del mercato di sbocco. Tuttavia, è soprattutto l’attenzione dei potenziali acquirenti per il nuovo che sta vivacizzando il mercato. Le nuove esigenze delineatesi post covid hanno infatti già indirizzato i costruttori verso un nuovo modo di realizzare le case, tenendo conto ancora di più della qualità e del benessere di chi ci abita e spesso ci lavora, puntando
sull’ottimizzazione degli spazi. Come saranno le nuove costruzioni Nella progettazione emerge l’esigenza di arrivare a soluzioni che sfruttino al meglio la superficie disponibile, a balconi e terrazzi più ampi. Non solo, nei nuovi immobili sono previsti spazi condominiali
in cui svolgere attività di coworking, con idonee protezioni e distanziamenti e con una connessione wifi e fisica dedicata. Senza contare l’aspetto del risparmio energetico, che riveste la massima importanza in tutte le nuove costruzioni e l’utilizzo di materie prime della massima qualità. Su questo ultimo punto sta incidendo in modo significativo il generale rincaro delle commodity e, in molti casi, la scarsa reperibilità: dal cemento al ferro, dalle materie plastiche al legno. Aspetti che rischiano di mettere in crisi i programmi dei costruttori e della filiera dell’edilizia.
Tornando al problema legato ai mutui, la fiammata di giugno ha portato il tasso base Eurirs (tasso fisso) al raddoppio, e molte banche sono restie a prestare sulle scadenze lunghe con rate bloccate e secondo Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari: per i giovani diventa difficile accettare al mondo del credito per l’accessione di un mutuo senza che i
genitori non forniscano le dovute garanzie agli istituti bancari. La rata del tasso fisso a lungo termine, per chi ancora riesce a strapparla, ha già sforato il 3%. Colpa delle tensioni
finanziarie di questo periodo nell’area euro, che stanno raddoppiando i tassi dei mutui immobiliari rispetto anche solo due mesi fa, e rischiano di espellere dal mercato dei prestiti immobiliari i più giovani e precari, che un anno fa il governo Draghi provò a favorire con le
agevolazioni sui mutui under 36. I numeri sono sotto la luce del sole e sono spietati. Il mutuo casa è un prodotto finanziario che la banca eroga basandosi su tre elementi di costo. Per fare un esempio, il tasso Eurirs, che in Europa guida i prestiti immobiliari e in vista dei
due rialzi dei tassi ufficiali di luglio e settembre della Bce è andato in tensione come gli spread sovrani, salendo – sulla scadenza 20 anni – dall’1,95% del 5 maggio al 2,34% ieri. E’ la fine di un’epoca, per un tasso che negli ultimi tre anni, e fino a tre mesi fa, è stato sempre schiacciato sotto l’1%, con lunghi periodi al disotto dello 0,5%. A questo indicatore
del costo del denaro le banche aggiungono il loro spread, che ripaga i costi interni e il loro margine; e la terza voce riguarda le spese di istruttorie e accessorie.
Qualche addetto ai lavori, menzionando vari istituti, hanno tutti confermato che non vengono più concessi mutui a tassi fissi a certi soggetti per scadenze superiori ai 10 anni. Non sorprende, date le generali aspettative per un ulteriore rialzo dei tassi della Bce, e reali. “Quando una banca presta a 10 anni al 2,5% fisso, deve coprire quel rischio comprando un titolo di uguale scadenza che renda oltre il 4%: cosa difficile da trovare, e l’incertezza sui tassi futuri non aiuta”, spiega un operatore. In questo scenario il mercato immobiliare sta dunque virando verso scadenze più brevi, e tassi variabili. Nel caso del preventivo sopra citato, un tasso variabile a 25 anni sullo stesso immobile milanese
sta invece sfondando la soglia dell’1%: solo tre banche chiedono meno di Taeg, e sono Ing (0,86%), Crédit Agricole (0,90%) e Intesa Sanpaolo (0,99%). Ma il tasso variabile, si sa, gonfia la rata quando i tassi salgono: e sono decine o perfino centinaia di euro in più da pagare al mese. Pochi mutuatari possono permettersi tanta flessibilità.
Chi rischia gli effetti peggiori sono i giovani italiani, che con meno disponibilità finanziaria e redditi più bassi vedono complicarsi sempre di più la disponibilità di mutui, salvo farseli garantire da genitori “capienti”. In Italia l’anno scorso ci sono state circa 750 mila transazioni immobiliari, circa un terzo con mutui. E la quota “under 36” è stata un traino
continuo per il settore dalla sua entrata in vigore. Nella nota del 10 giugno il Crif segnalava che nel mese di maggio i mutui dei giovani erano salite al 35,4% del totale, dal 34,9% complessivo di aprile, “sostenendo l’intero comparto”. Prima della legge che agevola i mutui green per chi ha meno di 36 anni e un Isee sotto i 40 mila euro questa nicchia contava solo per poco più del 20% del totale. “Fino a qualche mese fa i giovani potevano ancora fare un mutuo trentennale con tassi vicini all’1% e fissi, – continua Breglia -. Ma questa fase sembra oggi chiusa, e le banche nello scenario attuale faticano ad affidare questi soggetti,
a meno che portino fideiussioni dei genitori. Il mercato immobiliare italiano, specie nelle città più grandi e costose, resta un mercato per facoltosi proprietari, che comprano case nuove usando in parte la loro liquidità e in parte contraendo mutui per convenienza fiscale
o perché possono permettersi un rincaro dei tassi”. Le fiammate di inflazione e tassi,
che non sono concluse, rispolverano anche i mutui con un tetto massimo alla rata o al tasso, diffusi 20 anni fa. “In un periodo di aumento dei tassi scegliere un mutuo diventa un’operazione più delicata – spiegano gli esperti di Facile.it -. Non esiste, in assoluto, una scelta giusta o sbagliata tra tasso fisso, variabile o soluzioni ibride, la decisione va presa in
base alle specificità dell’aspirante mutuatario: propensione al rischio, posizione reddituale, durata del finanziamento, età”. Del resto, come ricorda ancora , “tutta la storia dell’Italia
repubblicana è una storia di alta inflazione e alti tassi sui mutui, a parte una breve finestra negli anni ’50 e il periodo iniziato dopo il “Whatever it takes” del 2012. Del resto nei primi anni ’90 i mutui casa costavano più del 20%, e a fine 2007 il tasso immobiliare medio era al 5,72%. Creditori e debitori devono ora riabituarsi a una normalità che i più giovani neanche immaginano.
L’evoluzione dei tempi rende difficile fare previsioni a lungo termine e anche nel breve le tensioni politiche e finanziarie rendono molto nervoso il periodo che stiamo vivendo, quello che mi sento di affermare e che la storia ci insegna che da sempre il mercato immobiliare é sempre riuscito a risollevarsi e a risollevare le sorti del nostro paese, anche questa volta
l’augurio è quello che si possa trasformare in opportunità di crescita e di sviluppo quello che all’apparenza sembrerebbe l’inizio di una crisi.