PLUSVALENZA nelle compravendite immobiliari

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Se stai leggendo questo articolo probabilmente è perché hai fatto un’operazione immobiliare con successo o quantomeno te lo auguri.

Di fatto se non conosci le regole della tassazione nella compravendita immobiliare rischi di buttare alle ortiche tutta la fatica fatta sino ad allora. Parliamo della plusvalenza su transazioni fatte per operazioni immobiliari speculative e non, quindi, se non hai esperienza in tal senso , segui con molta attenzione quanto sotto riportato, che tu sia un principiante o un operatore con già esperienza nel mercato immobiliare, devi stare attento e non delegare
totalmente al commercialista le scelte da fare, molti non sanno come districarsi in questo genere di operazioni, la tua conoscenza personale potrebbe farti risparmiare una montagna di danaro.

La maggior parte delle persone crede che le tasse conseguenti a una compravendita immobiliare, ricadano solo su chi acquista, tipo quelle relative all’imposta di registro, catastale e ipotecaria e nella realtà in molti casi le cose vanno così. Qui analizziamo il caso nel quale il venditore produce un reddito tassabile a seguito di una vendita, la famosa plusvalenza.

Le plusvalenze immobiliari, ai sensi dell’art. 67 del D.p.R. 917/1986, cd. “TUIR”, rappresentano uno dei possibili redditi diversi tassabili per le persone fisiche. Vengono considerate tali ogniqualvolta non siano riconducibili a redditi di capitale o non siano conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa. Per generare una plusvalenza è sufficiente vendere un immobile ad un prezzo superiore a quello d’acquisto? Non proprio. L’aumento di valore generato dall’operazione immobiliare fatta da persona fisica e non da società, rappresenta una plusvalenza tassabile.

I CASI IN CUI SI PAGA LA PLUSVALENZA:

A. terreni agricoli acquistati da non più di cinque anni; 

B. fabbricati acquistati o costruiti da non più di cinque anni;

C. terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria

D. terreni lottizzati (intendendosi quelli per i quali il Comune abbia approvato il piano di lottizzazione e sia stata stipulata la relativa convenzione).

Mentre nelle prime due ipotesi, la plusvalenza è tassata solo in caso di alienazione infra-quinquennale, nelle ultime due è sempre tassata, anche in caso di alienazione dopo i cinque anni dal precedente acquisto.

NON SI PAGA LA PLUSVALENZA NEI SEGUENTI CASI:

1. Fabbricati e terreni agricoli acquistati per successione (cfr. art. 67 lett. b);

2. Fabbricati alienati entro i cinque anni ma che per la maggior parte del periodo intercorso tra acquisto e alienazione siano stati adibiti ad abitazione principale del titolare o dei suoi familiari (cfr. art. 67 lett. b);

3. Assegnazione di beni tra coniugi in sede di separazione e divorzio stante l’esenzione da imposizione di cui all’art. 19 della legge n. 74/1989.

A queste ipotesi di esclusione ex legge, vanno ad aggiungersi altre ipotesi di esclusione individuate dalla prassi e dalla giurisprudenza e, in particolare, quella relativa ai beni acquistati per usucapione. Secondo la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 78/2003, in caso di rivendita di tali beni risulterebbe impossibile determinare un termine iniziale da cui
far decorrere il quinquennio ed anche ove ciò sia possibile, la decorrenza dei termini dell’usucapione risulterebbe di per sé incompatibile con l’intento speculativo sanzionato dalla tassazione della plusvalenza.

Nel caso di rivendita di fabbricati e terreni agricoli entro i cinque anni, la plusvalenza sarà determinata dalla differenza tra il prezzo di vendita ed il prezzo di acquisto o il costo di
costruzione del fabbricato ceduto, aumentato di ogni altro costo relativo allo stesso (come, ad esempio, il pagamento dell’onorario notarile per l’atto d’acquisto) purché regolarmente
documentati. Nel caso di alienazione di terreni edificabili o lottizzati, viene in rilievo quanto disposto dall’art. 68, 2° comma TUIR, secondo il quale il calcolo della plusvalenza tiene conto della differenza tra il prezzo di vendita e il costo fiscalmente riconosciuto, con questo intendendosi:

Per i terreni lottizzati:
• se acquistati a titolo oneroso oltre i cinque anni dalla data di lottizzazione, si fa riferimento al valore normale del terreno al quinto anno anteriore (cfr. art. 68 co. 2 TUIR);
• se acquistati a titolo oneroso entro i cinque anni dalla data di lottizzazione, si guarda al prezzo d’acquisto;
• se acquistati a titolo gratuito, il costo si determina tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione.

Per i terreni non lottizzati, quindi anche per quelli edificabili:
• se acquistati a titolo oneroso, si fa riferimento al prezzo d’acquisto aumentato di ogni costo connesso e rivalutato secondo gli indici ISTAT;
• se acquistati a titolo gratuito, il costo di acquisto sarà quello indicato nella dichiarazione di successione o nell’atto di donazione;

In tutti i casi sopra evidenziati la plusvalenza verrà tassata nell’ambito della dichiarazione dei redditi, secondo le aliquote ordinarie IRPEF stabilite in funzione del reddito complessivo del venditore (si consideri che l’aliquota più bassa è attualmente fissata al 23%), salvo quanto si dirà ora. Una prima eccezione riguarda la plusvalenza nella cessione di terreni (siano essi agricoli o edificabili) dove il costo fiscalmente riconosciuto così come sopra individuato nei vari casi può essere sostituito dalla rivalutazione effettuata da un perito, purché il venditore che richieda tale rideterminazione del costo paghi un’imposta sostitutiva, con la legge di bilancio 2019 le aliquote delle imposte sostitutive vengono differenziate e aumentate all’11 %per le partecipazioni qualificate e al 10% per le partecipazioni non qualificate e per i terreni. (la legge finanziaria del 2019 ha previsto la possibilità di pagare l’imposta sostitutiva in un’unica soluzione oppure in 3 tranches) 1a rata entro il 30.06.2019 2a rata entro il 30.06.2020 + interessi 3% annui calcolati dalla data di versamento della prima rata; 3a rata entro il 30.06.2021 + interessi 3% annui calcolati dalla data di versamento della prima rata.

Il valore così rideterminato costituisce il valore normale minimo ai fini del calcolo delle imposte e, quindi, anche della plusvalenza (normalmente il valore periziato sarà superiore a quello d’acquisto così riducendo l’importo della plusvalenza prodotta). Occorre precisare che ove si intenda cedere il terreno ad un prezzo inferiore rispetto al valore rivalutato, il venditore sarà soggetto all’imposizione della plusvalenza secondo le regole ordinarie, decurtando quanto pagato a titolo di imposta sostitutiva. Una seconda e rilevante eccezione è quella introdotta dall’art. 1, comma 476 della l. 266/2005 (cd. legge finanziaria). In particolare, questa trova applicazione nel caso di plusvalenza generata dalla alienazione
di beni immobili (fabbricati o terreni agricoli) acquistati o costruiti da non più di cinque anni. Ma di cosa si tratta?

COME PAGARE LA PLUSVALENZA.

Vi sono due momenti in cui si può pagare la plusvalenza, vediamo le due ipotesi:

1. È al momento dell’atto di alienazione, il venditore ha la facoltà di richiedere al notaio rogante l’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota al 20% Il notaio provvederà a calcolare il valore dell’immobile, i costi aggiuntivi ed eventuali costi detraibili, ed a determinare la plusvalenza, come anche l’importo
della tassazione. Il notaio provvederà anche a versare la somma dovuta, ed a comunicare tutti i dati riguardanti la cessione all’Agenzia delle Entrate.

2. È pagarla in sede di dichiarazione dei redditi secondo le aliquote ordinarie.

Occorre quindi che il venditore dichiari espressamente di voler esercitare tale opzione a seguito della quale, l’imposta verrà incassata direttamente dal notaio e immediatamente versata al fisco in via telematica. Il Notaio non ha alcun potere in ordine alla determinazione e alla verifica della base imponibile, la quale dovrà risultare dalla dichiarazione fornita dal venditore stesso. Esercitata tale opzione, al Notaio non spetta altro che ricevere dal venditore la provvista e inserire nell’atto la dichiarazione del venditore,
relativa al pagamento dell’imposta, e provvedervi direttamente.

CALCOLO DELLA PLUSVALENZA.

Per calcolare il costo della tassazione da pagare si deve non solo conoscere il maggior prezzo tra l’acquisto e la vendita ma bensì tutte le spese sostenute e i costi inerenti all’acquisto. La possibilità di detrarre questi costi è stata introdotta dall’Articolo 68 comma 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi:

“Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo”
L’articolo 68 non specifica quali costi possono detrarsi, dice solo che si tratta di spese attinenti all’immobile. In pratica, però, i costi inerenti includono tutte le spese sostenute per l’acquisto dell’appartamento, le spese di costruzione, ristrutturazione ecc. Ti elenchiamo subito tutti questi costi in modo più preciso, in modo da farti capire bene cosa puoi detrarre dalla plusvalenza immobiliare.

Una prima categoria di costi che puoi detrarre dalla plusvalenza immobiliare è data dagli oneri fiscali che hai sostenuto per acquistare l’appartamento che oggi stai rivendendo. Si tratta dei seguenti costi:
• l’imposta di registro
• l’IVA
• eventuali imposte ipotecarie e catastali                                                                 ed in genere qualsiasi altra imposta che hai pagato all’atto dell’acquisto. Un’altra categoria di costi che puoi detrarre dalla plusvalenza immobiliare è dato da tutte le spese notarili che hai sostenuto per l’acquisto dell’appartamento.

Parliamo dei costi che hai pagato per stipulare il compromesso di vendita, e per il rogito, ma anche di qualsiasi altro tipo di costo che hai sostenuto per i servizi del tuo notaio. Le spese dell’agenzia immobiliare possono essere detratte ma solo quelle relative all’acquisto e non quelle sostenute per la vendita. Qui devi fare attenzione. In genere pochissime persone hanno problemi a documentare le spese notarili, poiché si sono fatti rilasciare una regolare
fattura dal notaio. Altra categoria che puoi detrarre sono i lavori eseguiti alla proprietà. Se
ristrutturi o effetti interventi di manutenzione straordinaria, in realtà produci un valore aggiuntivo, ed acquisti servizi da tante altre persone: muratori, piastrellisti, elettricisti ed
altri. Questo valore aggiuntivo ti permette di chiedere un prezzo di vendita superiore, poiché il tuo appartamento ha qualcosa che non aveva prima: magari un parquet, degli
infissi nuovi, un impianto elettrico fotovoltaico o altro.

Tutte le spese che contribuiscono ad aumentare il valore del tuo immobile apportando miglioramenti concreti sono detraibili dalla plusvalenza immobiliare. Si tratta principalmente delle spese di ristrutturazione, e di manutenzione straordinaria.
Esistono poi altri costi che puoi detrarre dalla plusvalenza immobiliare. Si tratta ad esempio di tutte le provvigioni che hai pagato agli intermediari immobiliari per l’acquisto dell’appartamento.

Esempio pratico: Immaginiamo che tu nel 2017 acquisti casa ad un prezzo di 180.000 Euro, che spenda tra imposta e notaio 5.000 Euro, che esegui lavori di ristrutturazione per 15.000 Euro e che rivenda il tuo appartamento nel 2019, ad un prezzo di 220.000 Euro. La
plusvalenza dalla vendita del tuo immobile è pari a 20.000 Euro. Questa somma sarà tassata in misura del 20%, quindi dovrai versare 4.000 Euro in tasse.

 

Per approfondimenti scrivi a
assistenza@bstudioimmobiliare.it

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