Siamo ormai pronti, oggi più che mai la professionalità e la competenza delle ADR (Alternative Dispute Resolution) devono essere alla base dei professionisti, tutti i professionisti, non solo per coloro che si occupano di conflitto. Sono sempre di più, infatti, i sognatori che, come me, anelano alla risoluzione pacifica e stragiudiziale dei conflitti dietro la “spinta” del cambio di paradigma culturale e non, come ancora oggi avviene, di un obbligo normativo. Che significa tutto questo, voi direte: semplicemente che oggi è fondamentale non solo e non tanto conoscere le norme che riguardano i tentativi di dirimere i conflitti in modo alternativo (chiamiamole competenze tecniche),
piuttosto è sempre più necessario indossare in certe fasi particolarmente delicate di una disputa potenzialmente in grado di sfociare in un processo, un vero e proprio abito professionale su misura, tipico del consulente in ADR, una figura a fianco dell’imprenditore che lo segue e lo aiuta nella risoluzione dei conflitti. Una buona negoziazione si chiude se entrambe le parti al tavolo sono di valore assoluto, mentre una buona causa si vince e magari si ottiene una ottima sentenza forse a volte anche grazie al fatto che il nostro avversario non è poi così preparato. Qualcuno può anche esser dell’avviso (ed io lo confermo) che una buona negoziazione può avvenire se tutte le parti in gioco sono ben “addestrate”, anche in assenza del mediatore.
Anche questo concetto conferma, a ben vedere, la mia tesi ovvero che più che cercare l’eccellenza nel mediatore (non gli organismi bensì i mediatori sono quelli su cui puntare) è bene ed utile mirare alle tecniche, che sono sempre più sviluppate proprio tra i Mediatori, i
quali più di altri ci hanno creduto e continuano a crederci e quindi loro stessi, per primi, saranno bravi consulenti in ADR, quando il loro posto al tavolo non sarà appunto quello di
terzo e imparziale, ma al fianco di un cliente in una contesa legale, o perché no, fiscale o tributaria con la quale mi incontro o scontro quotidianamente. Lunga è la strada che possa portare la mediazione tributaria a livelli almeno pari a quelli della civile, ma anche le più
recenti modifiche legislative vanno nella direzione auspicata. Saper negoziare e saper gestire in modo alternativo un conflitto necessita quindi di capacità competenze professionali diverse dall’essere anche e soprattutto un bravo Avvocato o un discreto “Contenziosista” nell’ambito tributario. Quale potrebbe essere, dunque, la vera novità in tutto questo? Semplicemente iniziare a pensare fuori dagli schemi, partendo dalla consulenza e dalla preparazione in studio e poi durante gli incontri di mediazione, senza mai dimenticarsi della consulenza da offrire, nell’ottica di ottenere il miglior accordo
possibile, che potremmo sintetizzare in pratica nella strategia difensiva, che non viene meno, ma che andrà orientata e proiettata sotto una diversa luce e con una direzione
particolare e per certi aspetti alternativa a quanto sino ad ora molto ben sviluppato ma anche conosciuto da tutti, compresi i consulenti di parte avversa. Pertanto credo che parlare di consulente in ADR possa essere l’inizio o la naturale continuazione per la diffusione del paradigma culturale legato alla Mediazione.
La maggior parte delle persone considera il conflitto come un evento puramente negativo, da evitare assolutamente. Sono pochi i soggetti che riflettono a fondo riguardo la sua
natura: il conflitto è un’esperienza quotidiana, nella vita di tutti, professionale e non. Il conflitto pertanto diventa esperienza, intesa come possibilità per aprire opportunità inedite, poiché riguarda l’incontro tra differenze di valori, interessi e conoscenze. Dunque, all’interno di una qualsiasi situazione si possono verificare, tra due o più soggetti, delle controversie, ovvero dei contrasti dovuti a divergenze d’opinione, d’interesse o dall’esistenza di risorse limitate, le quali devono però essere affrontate e poi risolte al fine da ristabilire l’equilibrio tra le parti. Quando due persone si trovano in una situazione di conflitto, solitamente faticano a trovare una soluzione in maniera autonoma. Per chiudere e solo a titolo esemplificativo, vi vorrei parlare di una delle tante tecniche che si possono via via utilizzare. La tecnica potrebbe esser denominata “I colori nel business”. Si tratta di una
metodologia secondo la quale ogni persona viene rappresentata attraverso un colore dominante. Nel contesto intra-aziendale, si riferisce alle connotazioni caratteriali che possono essere sia positive che negative.
Il colore rosso, ad esempio, rappresenta una persona molto esigente e determinata,
alla quale piace sentirsi protagonista e centrata sugli obiettivi. Lo stesso colore, però, può identificare anche un soggetto pressante ed aggressivo nei confronti dei propri colleghi. Il giallo diventa invece il simbolo dell’entusiasmo e della convivialità, ma anche spesso di disordine ed eccentricità. Un altro colore di grande significato è il verde, che descrivere un personaggio comprensivo, collaborativo e al quale affidare i propri compiti o lavori, anche se sotto pressione potrebbe mostrarsi poi testardo o permaloso. L’ultima tipologia di colore considerata in questa particolare tecnica è il blu, utilizzato per descrivere principalmente soggetti precisi e scrupolosi, che si possono tuttavia rivelare rigidi e scettici.
Il mediatore – perché no – applicando “questo schema” alle persone coinvolte in un conflitto, può essere in grado di individuare le caratteristiche del comportamento e del temperamento delle persone che si trova di fronte e ciò permette di comprendere maggiormente le stesse e le loro specifiche esigenze: non a caso si collega l’accordo di mediazione alla soluzione trovata autonomamente dalle parti e che meglio si addice rispetto agli elementi in gioco, comprese le relazioni tra le parti medesime.
Per concludere, quindi, il mio invito e la mia personale esortazione nasce dal fatto che si può e si deve ritenere che questo percorso sia arrivato ormai a buon punto e che il passaggio che ancora manca è quello di come identificare e valorizzare al meglio chi possiede determinati requisiti e competenze: l’idea può dunque esser quella di permettere a chi ci crede di essere veramente un consulente in ADR, senza per questo escludere di ricorrere al giudice o all’arbitro quando lo si ritiene necessario o sostanzialmente proficuo.